Riappropriarsi del futuro

A ben guardare sono ben pochi i gradi di libertà che ci sono concessi nelle nostre vite; tutti abbiamo bisogno di denaro per le nostre necessità di sopravvivenza e l'unico modo consentito per averlo è lavorare in maniera sufficiente ed oltre, perché la sopravvivenza non basta e siamo sommersi di bisogni indotti.
Gran parte del nostro tempo viene impegnata in questo e ci rimangono pochi ritagli per dedicarci alle cose che ci interessano.
Per reazione al tempo programmato da altri, il nostro tempo "libero" deve assolutamente essere privo di progetto e struttura, una specie di spazio catartico in cui "faccio quello che mi pare", il più delle volte "niente".

Una vita così non è soddisfacente, è sofferente anche quando non ha nessun problema di sussistenza. 
La proiezione di un futuro immutabile, sempre uguale. per noi e le prossime generazioni è insopportabile; peggio ancora se questo futuro risulta peggiore del presente anche da un punto di vista di mera sussistenza.

Riappropriarsi del futuro significa uscire da questo circolo vizioso.
 
Ho una mia piccola ricetta per questo arduo compito, che parte da alcune semplici regole quotidiane. 

La prima è quello di immaginarsi un futuro diverso, un mondo diverso, relazioni umane diverse e dare queste immagini la forza di un sogno; caricarle di amore e speranza, farle diventare delle "immagini forza".
Usando una parola desueta, dare a queste immagini la forza di un ideologia che fa partire progetti.

La seconda è quella di utilizzare il proprio tempo libero per progettare quel futuro che ormai amiamo, condividendolo con altri; il tempo libero si trasforma da catartico in attivo e tutto ciò darà senso alla strada che abbiamo intrapreso dandoci senso. Il progetto deve essere allo stesso tempo velleitario, perché si tratta del nostro progetto di vita e non possiamo accontentarci di cose "facili" tipo avere una casa nuova od una auto nuova, e pianificabile.

La terza è quella di prendere come riferimento della nostra ideologia personale quelle situazioni dove le nostre idee sono ad un livello più avanzato di realizzazione, in modo che il nostro progetto abbia sempre un ostacolo da superare, un obiettivo a breve da raggiungere.
A chi replicasse a questa regola che in questo modo si genera frustrazione per il continuo confrontarsi con situazioni che per mille ragioni hanno un esito più felice di quelle che vivo risponderò che so, in cuor mio, di fare tutto il possibile affinché la mia idea meravigliosa di futuro si realizzi e se non ho gli stessi risultati di altri è perché io ed il mio ambito più prossimo non siamo ancora pronti per raggiungere quel livello.
Se mi trovo nella sfortunata situazione di non avere un riferimento più avanzato, dovrò dare ancora più forza alla mia "ideologia" perché sono il primo uomo che conosco a intraprendere questa strada.

La quarta è chiedersi ogni giorno "chi sono e dove vado", perché è facile sbagliare strada ...    

Ciascuno di noi è responsabile

Immagine dal sito della NASA
L'occasione è la devastante tempesta che ha colpito le Filippine, ma poteva essere una delle stragi di Lampedusa piuttosto che uno qualsiasi di quegli eventi che i media di solito tralasciano per riempire pagine di carta, byte di siti web ed ore di trasmissioni di questioni secondarie.

La devastate tempesta, di una potenza ed una intensità figlia del surriscaldamento climatico, ha provocato morte e distruzione ed una giusta catena di solidarietà verso quelle sfortunate popolazioni. Ma la solidarietà non basta.

Pensavo stamattina che ho dato il mio infinitesimale contributo alla tempesta ogni volta che ho acceso il motore della mia auto, soprattutto in tutti quei casi (che per fortuna non sono molti) in cui potevo evitarlo. Questo perchè viviamo tutti in un mondo sempre più piccolo, un villaggio. Da qui il nome che ho deciso di dare al blog.

Per me questo è abbastanza chiaro, una consapevolezza continua ed a volte disorientante: sarebbe molto più facile credere in un modello del mondo più semplice, con le sue cause ed i suoi effetti, con i suoi miti decadenti. Per esaminare le cose del mondo con un approccio globale mancano gli strumenti e l'addestramento, ma penso anche che sia l'unica strada possibile, l'unica strada per evitare disastri inimmaginabili. Purtroppo questo approccio non è molto diffuso, in parte per incapacità, in parte per dolo.

Il primo passo verso una visione globale è la curiosità, l'essere informati su quanto possibile. Questo ho cercato di fare nei miei viaggi in Senegal e questo, secondo me, cerca di fare Silvestro Montanaro nei suoi reportage. 
Anche questo c'entra perchè mi ha ricordato che una parte del nostro benessere si basa sullo sfruttamento delle materie prime dei paesi africani, che il neo-colonialismo basato sul debito è stata la strategia applicata per corrompere i governi locali, eliminare chi non si faceva comprare (un esempio per tutti Tomas Sankara), distruggere l'autosufficienza dei paesi per spingerli a mono-culture e renderli totalmente dipendenti dalle multinazionali.
E c'entra perchè la stessa leva (quella del debito) ora viene usata sulle economie dei paesi come il nostro.

Ma questo è un altro discorso.  



Il ruolo delle comunità nelle rivoluzioni nonviolente

Il cambio di paradigma (il mito)
Questo forum è il terzo di una serie durata due anni.
Nel primo forum, ad ottobre del 2011, abbiamo cercato di evidenziare la violenza economica e la violenza strutturale
Ci troviamo in presenza di violenza economica quando si attenta contro il sostentamento e le condizioni minime di vita di altri, quando li si spoglia delle loro legittime entrate o proprietà, ecc.
Il concetto di violenza strutturale deriva da Johan Galtung che lo definisce come l'insieme delle forme in cui un regime impedisce agli individui di realizzare le loro piene potenzialità.
Abbiamo cercato di dimostrare come essa pervada ogni aspetto della nostra vita in maniera subdola ed in molti casi sotterranea, attraverso l’abbassamento dei salari, la delocalizzazione, la precarizzazione, l’interesse sul debito, le necessita e relativi consumi creati dal nulla, le tasse troppo alte non sempre giustificate dal livello dei servizi.
Nel secondo forum, a giugno dell’anno scorso, abbiamo fatto una carrelata di possibili soluzioni per superare la violenza economica ed aumentare il grado di libertà delle nostre vite.
Oggi analizziamo il ruolo delle comunità nel cambio radicale dello stile di vita, nel cambio dei paradigmi della vita sociale e dei sui miti, in altre parole come elemento fondamentale delle rivoluzioni nonviolente

Di che rivoluzione si parla
La parola rivoluzione evoca bandiere al vento, cortei, eserciti che sparano, rivoltosi che ghigliottinano ecc. ecc.
Qui non si parla di quel tipo di rivoluzione
Qui si parla delle rivoluzioni del sistema di ideazione di un gruppo sociale, del cambio nei suoi miti e di conseguenza nel suo contratto sociale
Si parla di questo tipo di rivoluzione perchè storicamente è stata il presupposto per le rivoluzioni con le bandiere …
Perchè le rivoluzioni con le bandiere non funzionano se non sono precedute da un cambio di visione.
Perchè è indispensabile un cambio radicale e nonviolento per evitare l’imbarbarimento delle condizioni sociali, la guerra tra poveri, la xenofobia ed altre forme di violenza più brutali della violenza economica.
Dobbiamo ad esempio sradicare il mito della crescita infinita, del mercato che si autoregola, della felicità in funzione di ciò che si possiede, del primato del pragmatismo rispetto alla visione globale, del PIL come indicatore di ricchezza, dell’Europa dei popoli che in realtà è l’Europa delle banche, delle nazioni equiparate a famiglie, dei partiti equiparati ad aziende, del lavoro che nobilita ecc.
Questo non significa che sostituire un mito sia semplice come non è semplice fare un rivoluzione; questo è però il dominio della discussione

Il ruolo delle comunità: radicamento 
Il primo passo per trasformare le idee in mito è implementarle, metterle in pratica, fargli mettere radici sociali
Queste radici non possono che essere le comunità di gente che si conosce e vive insieme o condivide un'idea
Se l'idea è particolarmente rivoluzionaria, gli appartenenti alla comunità che hanno deciso, liberamente, di adottarla, si aiutano vicendevolmente nel superamento del mito precedente
Si automotivano e potenziano l'idea di partenza con nuove soluzioni e concezioni
Si crea così un circolo virtuoso che trasforma l'idea in mito, personale o condiviso.

Il ruolo delle comunità: effetto dimostrativo
Le comunità dove il processo precedente avviene con maggior efficacia, diventano un esempio da seguire, la dimostrazione che è possibile
Si crea così un effetto dimostrativo, riproducibile in altri luoghi ed in altre comunità
Questo è l'inizio di un nuovo mito, l'inizio della rivoluzione

Il ruolo delle comunità: problemi possibili 
Il processo descritto in maniera così semplificata è complesso e pieno di sfide, del resto le rivoluzioni non sono semplici
Una delle difficoltà più subdole è la tendenza delle comunità a chiudersi in se stesse, a diventare autoreferenziali
Questa tendenza è meccanica e quindi va combattuta intenzionalmente, mantenendosi aperti a nuove idee e nuove energie

Una vita poco cool

Ho impostato la mia vita, il mio sistema di relazioni, il mio lavoro in modo tale da avere tempo ed energia da dedicare a progetti più ampli, che vadano oltre me ed il mio stretto ambito di relazioni.

Questo ha richiesto scelte quotidiane, a volte non facili, una disciplina interna forte, una bussola per mantenere la rotta e la capacità di mettersi continuamente in discussione, di capire che la realtà è qualcosa di diverso da come io la vedo dietro il filtro dei miei climi e delle mie tensioni.

Ho fatto tutto questo perchè convinto, profondamente, che il mio sistema di relazioni è un tutt'uno con il sociale ed è un tutt'uno con il resto del mondo: potrei impiegare tutte le mie energie per mantenere una bolla di pace e serenità intorno a me, ma quella bolla può essere travolta in qualsiasi momento dal resto del mondo. 
Di recente, a questa motivazione di base se ne sono aggiunte altre, più forti e profonde, ma impossibili da spiegare in questo contesto.

Tutto ciò non è affatto "cool" se visto con i criteri emotivi dominanti e non mi regala particolari vantaggi in termini di simpatia ed ammirazione, ma lo reputo necessario se si vuole affrontare il mondo con un'ottica che vada aldilà del più completo menefreghismo o dell'interesse naif al sociale.