Questa è una serata di festa e di
informazione.
È una festa perché abbiamo la
possibilità di conoscere personalmente Karl, un amico che fino ad
oggi avevamo incontrato solo attraverso i suoi scritti.
È una festa perché Karl è riuscito
ad uscire da quella macchina di distruzione che è il sistema
giudiziario e carcerario dell’Arizona, da lui stesso definito in
maniera appropriata tritacarne, per le vite che distrugge ed a volte
fisicamente termina.
Ne è uscito provato ma vivo grazie
alla sua indole combattiva e, spero, anche all’affetto ed all’aiuto
materiale che la campagna organizzata in suo favore alla fine degli
anni 90 ha generato.
Karl è stato accusato di crimini
inesistenti o di cui è totalmente innocente, come è estesamente
spiegato nei due libri che la MultiImage ha pubblicato, il Tritacarne
ed Il Sangue d’Altri e come potremo sentire dalla sua viva voce;
ciononostante, è stato condannato a ventisei anni di carcere ed ha
anche seriamente rischiato la pena di morte; questo a causa ad un
sistema giudiziario fortemente basato sulla delazione, in cui la
principale discriminante è di natura economica, con un numero di
reclusi impressionante (1 carcerato ogni 120 abitanti), che diventa
sbalorditivo se le percentuali si calcolano in base alla razza (la
metà dei cittadini di colore ha subito condanne) od in base a
criteri economici; il tutto nel paese che vorrebbe essere un esempio
di democrazia e diritti civili tanto da “esportarli” a mano
armata nei paesi più sfortunati.
Ma tutto ciò ce lo racconterà Karl
con la forza del testimone diretto e ce lo ha raccontato nei suoi
libri.
Quello che mi sento di aggiungere è
che il tritacarne non è un problema dell’Arizona o che riguarda
gruppi di persone lontane nel tempo e nello spazio dalla nostra
esperienza quotidiana; l’esperienza di Karl non è che una faccia
di un sistema politico-economico in cui siamo tutti immersi e che sta
lentamente mettendo in discussione i più elementari diritti umani.
Si manifesta segregando in più deboli,
generando guerre civili e condizioni di vita insopportabili
costringendo intere popolazioni alla migrazione.
Ma si manifesta anche nei media che
generano paure irrazionali ed una visione distorta della realtà per
distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle reali cause
dell’impoverimento progressivo e giustificare misure sempre più
repressive, controlli sempre più capillari.
Fino a farci accettare l’idea di
vivere in una prigione a cielo aperto, tutto per la nostra presunta
sicurezza.