Un uomo che saltella in TV


Il TV a valvole che campeggia in tinello rimanda un’ombra bianca che saltella in un paesaggio arido e desolato: si tratta di un uomo imbardato con una pesante tuta.

L’immagine è sfuocata, ma non riesco a non guardarla: mamma mi spiega che quello è un astronauta che sta passeggiando sulla luna e saltella perché sulla luna si pesa di meno.

Io riempio la mamma di domande, come avrebbe fatto qualsiasi bambino di quattro anni la prima volta che intuisce che esiste lo spazio, che sulla luna si può passeggiare, che si può indossare una tuta così bianca e bella, piena di loghi e bandierine.

Col senno di poi ho capito che si trattava dell’ultima missione del programma Apollo, l’Apollo 17.

L’ho dedotto per esclusione, perché per le missioni precedenti ero troppo piccolo per ricordare mentre a quattro anni, quasi cinque, si possono ricordare degli eventi particolarmente impressionanti. Poi non ho altri ricordi di missioni lunari e sono sicuro che se ce ne fossero state altre sarei rimasto bloccato davanti alle TV.

Ci sono delle esperienze che segnano e sicuramente quel breve spezzone sfuocato ha fatto nascere in me l’interesse per lo spazio e le missioni spaziali: questo interesse si è rafforzato quando, in piena crisi di passaggio dalla scuola elementare alla scuola media, comincio una ricerca sul sistema solare che mi aiuta ad entrare nel nuovo mondo scolastico.
Poi seguo tutte le missioni dello space Shuttle, mi appassiono di astronomia e di manga spaziali, ma questa passione spaziale va scemando con il procedere degli anni.

Fin quando torna, in una forma diversa, un pomeriggio, in un locale di Torino, nelle parole del professor Salvatore Puledda: era un incontro pubblico del Movimento Umanista ed il dottor Puledda stava parlando della potenza delle immagini nel processo umano.
Puledda spiegò che il processo di mondializzazione partì e prese forza nel momento in cui vennero diffuse le prime foto della terra dallo spazio delle missioni Apollo.

Sapevo la profonda verità di quelle parole perché si innestavano profondamente nella mia esperienza, a partire dall’uomo che saltella in TV e mi sono reso conto altrettanto profondamente che quel processo è inarrestabile.