Il ruolo delle comunità nelle rivoluzioni nonviolente

Il cambio di paradigma (il mito)
Questo forum è il terzo di una serie durata due anni.
Nel primo forum, ad ottobre del 2011, abbiamo cercato di evidenziare la violenza economica e la violenza strutturale
Ci troviamo in presenza di violenza economica quando si attenta contro il sostentamento e le condizioni minime di vita di altri, quando li si spoglia delle loro legittime entrate o proprietà, ecc.
Il concetto di violenza strutturale deriva da Johan Galtung che lo definisce come l'insieme delle forme in cui un regime impedisce agli individui di realizzare le loro piene potenzialità.
Abbiamo cercato di dimostrare come essa pervada ogni aspetto della nostra vita in maniera subdola ed in molti casi sotterranea, attraverso l’abbassamento dei salari, la delocalizzazione, la precarizzazione, l’interesse sul debito, le necessita e relativi consumi creati dal nulla, le tasse troppo alte non sempre giustificate dal livello dei servizi.
Nel secondo forum, a giugno dell’anno scorso, abbiamo fatto una carrelata di possibili soluzioni per superare la violenza economica ed aumentare il grado di libertà delle nostre vite.
Oggi analizziamo il ruolo delle comunità nel cambio radicale dello stile di vita, nel cambio dei paradigmi della vita sociale e dei sui miti, in altre parole come elemento fondamentale delle rivoluzioni nonviolente

Di che rivoluzione si parla
La parola rivoluzione evoca bandiere al vento, cortei, eserciti che sparano, rivoltosi che ghigliottinano ecc. ecc.
Qui non si parla di quel tipo di rivoluzione
Qui si parla delle rivoluzioni del sistema di ideazione di un gruppo sociale, del cambio nei suoi miti e di conseguenza nel suo contratto sociale
Si parla di questo tipo di rivoluzione perchè storicamente è stata il presupposto per le rivoluzioni con le bandiere …
Perchè le rivoluzioni con le bandiere non funzionano se non sono precedute da un cambio di visione.
Perchè è indispensabile un cambio radicale e nonviolento per evitare l’imbarbarimento delle condizioni sociali, la guerra tra poveri, la xenofobia ed altre forme di violenza più brutali della violenza economica.
Dobbiamo ad esempio sradicare il mito della crescita infinita, del mercato che si autoregola, della felicità in funzione di ciò che si possiede, del primato del pragmatismo rispetto alla visione globale, del PIL come indicatore di ricchezza, dell’Europa dei popoli che in realtà è l’Europa delle banche, delle nazioni equiparate a famiglie, dei partiti equiparati ad aziende, del lavoro che nobilita ecc.
Questo non significa che sostituire un mito sia semplice come non è semplice fare un rivoluzione; questo è però il dominio della discussione

Il ruolo delle comunità: radicamento 
Il primo passo per trasformare le idee in mito è implementarle, metterle in pratica, fargli mettere radici sociali
Queste radici non possono che essere le comunità di gente che si conosce e vive insieme o condivide un'idea
Se l'idea è particolarmente rivoluzionaria, gli appartenenti alla comunità che hanno deciso, liberamente, di adottarla, si aiutano vicendevolmente nel superamento del mito precedente
Si automotivano e potenziano l'idea di partenza con nuove soluzioni e concezioni
Si crea così un circolo virtuoso che trasforma l'idea in mito, personale o condiviso.

Il ruolo delle comunità: effetto dimostrativo
Le comunità dove il processo precedente avviene con maggior efficacia, diventano un esempio da seguire, la dimostrazione che è possibile
Si crea così un effetto dimostrativo, riproducibile in altri luoghi ed in altre comunità
Questo è l'inizio di un nuovo mito, l'inizio della rivoluzione

Il ruolo delle comunità: problemi possibili 
Il processo descritto in maniera così semplificata è complesso e pieno di sfide, del resto le rivoluzioni non sono semplici
Una delle difficoltà più subdole è la tendenza delle comunità a chiudersi in se stesse, a diventare autoreferenziali
Questa tendenza è meccanica e quindi va combattuta intenzionalmente, mantenendosi aperti a nuove idee e nuove energie