Inside Out visto da un adulto umanista

Chi come me ha un bimbo sotto i dieci anni non può evitare di portarlo al cinema a guardare l’ultima creazione della Disney-Pixar, Inside Out.
Innanzitutto perché il battage pubblicitario è martellante, poi per i commenti entusiasti di tanti altri bambini, genitori, psicologi dell’età evolutiva ed altre categorie di persone più o meno competenti.

Dato per assodato che i più competenti sono i bambini stessi, non posso trattenermi dal fare alcune considerazioni sul film visto con gli occhi di un adulto che ha a cuore i temi della pedagogia, non fosse altro perché sono un genitore più o meno responsabile.

Il film è nel suo insieme carino ed interessante su alcuni aspetti: innanzitutto è notevole il tentativo di visualizzare con dei simpatici pupazzetti le emozioni.
Si sa che visualizzare gli stati d’animo consente di gestirli meglio e dargli se non altro un nome, soprattutto per i bambini sotto i dieci-undici anni che hanno difficoltà a riconoscere le proprie emozioni.
Interessante ed anche abbastanza controcorrente l’idea che le emozioni universalmente riconosciute come negative, ad esempio la paura, il disgusto ma soprattutto la tristezza hanno un loro ruolo fondamentale nella crescita dei bambini ed anche in quella gli essere umani in generale.

Io però mi fermerei lì con i commenti positivi … il film è quello che è, ovvero un cartone animato pensato per l’intrattenimento di piccoli esseri umani; non si può certo considerare un modello attendibile di psichismo dell’età evolutiva e considerarlo tale sarebbe un errore grossolano.

Ad esempio, se prendessimo Inside Out come modello di psichismo avremmo persone totalmente in balia delle proprie emozioni, senza un minimo accenno ad una progettualità od ad una intenzionalità che è invece caratteristica tipica della coscienza umana.
Le emozioni presenti nel modello sarebbero comunque troppo poche, generando una semplificazione eccessiva della dinamica psichica anche considerando il solo aspetto emotivo.

L’idea poi che determinati ricordi fortemente caricati emotivamente abbiano un ruolo fondante nella personalità è piuttosto ambientalista e comportamentista: poiché io sono le mie esperienze, tutto quello che sono dipende dall’esterno, non ho nessuna possibilità di decidere cosa voglio essere e cosa voglio diventare; così come anche la ristrutturazione della mia personalità avviene per “incidenti” esterni o biologici (il trasloco o l’adolescenza)


Ma si tratta comunque solo di un film per bambini, non vuole certo essere una matrice per formare cittadini totalmente in preda alle proprie emozioni e senza la capacità di progettare od analizzare razionalmente la propria vita.  

Diffusione della conoscenza, open source e senso della vita

Il mio intervento al forum SOS:Men At Work


Presentazione dell'incontro: "Pena di morte e giustizia negli USA: parliamone con un protagonista"

Questa è una serata di festa e di informazione.
È una festa perché abbiamo la possibilità di conoscere personalmente Karl, un amico che fino ad oggi avevamo incontrato solo attraverso i suoi scritti.
È una festa perché Karl è riuscito ad uscire da quella macchina di distruzione che è il sistema giudiziario e carcerario dell’Arizona, da lui stesso definito in maniera appropriata tritacarne, per le vite che distrugge ed a volte fisicamente termina.
Ne è uscito provato ma vivo grazie alla sua indole combattiva e, spero, anche all’affetto ed all’aiuto materiale che la campagna organizzata in suo favore alla fine degli anni 90 ha generato.
Karl è stato accusato di crimini inesistenti o di cui è totalmente innocente, come è estesamente spiegato nei due libri che la MultiImage ha pubblicato, il Tritacarne ed Il Sangue d’Altri e come potremo sentire dalla sua viva voce; ciononostante, è stato condannato a ventisei anni di carcere ed ha anche seriamente rischiato la pena di morte; questo a causa ad un sistema giudiziario fortemente basato sulla delazione, in cui la principale discriminante è di natura economica, con un numero di reclusi impressionante (1 carcerato ogni 120 abitanti), che diventa sbalorditivo se le percentuali si calcolano in base alla razza (la metà dei cittadini di colore ha subito condanne) od in base a criteri economici; il tutto nel paese che vorrebbe essere un esempio di democrazia e diritti civili tanto da “esportarli” a mano armata nei paesi più sfortunati.
Ma tutto ciò ce lo racconterà Karl con la forza del testimone diretto e ce lo ha raccontato nei suoi libri.
Quello che mi sento di aggiungere è che il tritacarne non è un problema dell’Arizona o che riguarda gruppi di persone lontane nel tempo e nello spazio dalla nostra esperienza quotidiana; l’esperienza di Karl non è che una faccia di un sistema politico-economico in cui siamo tutti immersi e che sta lentamente mettendo in discussione i più elementari diritti umani.
Si manifesta segregando in più deboli, generando guerre civili e condizioni di vita insopportabili costringendo intere popolazioni alla migrazione.
Ma si manifesta anche nei media che generano paure irrazionali ed una visione distorta della realtà per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle reali cause dell’impoverimento progressivo e giustificare misure sempre più repressive, controlli sempre più capillari.

Fino a farci accettare l’idea di vivere in una prigione a cielo aperto, tutto per la nostra presunta sicurezza.