Au revoir (Adieu?) - Dakar 10 ottobre 2009


Da oggi è ufficiale, perché anche in Senegal sono stati informati: per la riorganizzazione in atto il tutto il Movimento Umanista non sono più direttamente responsabile dei gruppi senegalesi.
Da adesso, ognuno per la sua strada.
Il cambiamento è rivoluzionario, almeno per quel che riguarda la vita dei soggetti implicati e di coloro che, in qualche modo, hanno collaborato e seguito fin qui le mie avventure senegalesi.
Per darvi un idea, nella mia agenda elettronica c’era (e c’è ancora perché non ho avuto ancora il coraggio di cancellarlo) un appuntamento periodico, tutti i mercoledì sera, che dice solamente “Africa”.
Mi serviva per ricordarmi che ogni settimana dovevo dedicare qualche minuto a pensare al processo africano ed a coloro che lo stanno portando avanti.
Ora quel promemoria non serve più.
La riorganizzazione delle attività prevede infatti che i senegalesi portino avanti le loro attività a livello locale, con le loro forze, senza un referente “straniero”.
Quello che spero è che il lavoro di formazione portato avanti in questi anni (a Diourbel a partire dal 2006) dia, almeno a qualcuno, l’autonomia sufficiente per proseguire da solo nell’opera di creare una società più umana.
Forse potevo fare di più e meglio, ormai il dado è tratto.
Non che pensavo che questo momento non sarebbe mai arrivato, ma viverlo è un'altra cosa … come dicevo una rivoluzione …

Un rivoluzione che si manifesta nel fatto che non ho programmato il prossimo viaggio (che si farà solo in determinate condizioni), nella cancellazione di quel reminder che diceva Africa.

Undici anni. Sono undici anni che vengo periodicamente in Senegal.
Undici anni di riz au poisson, di chiacchiere davanti ad un tè od ad un cielo stellato, di timbri sul passaporto, di bimbi bellissimi, di grandi speranze e piccole delusioni.
Undici anni a vivere la paura di ogni partenza e la gioia di ogni ritorno.

Quindi oggi sul septplace verso Dakar, con il sole che tramontava sulla fumosa e polverosa “madre di tutte le strade” mi sono chiesto se sarei mai tornato in questo paese e ho scoperto dentro di me una forte ambivalenza: da un lato la nostalgia per gli amici senegalesi, da un altro l’entusiasmo per nuove sfide e nuovi orizzonti.
Da un lato la sensazione di interrompere un mio sogno vecchio di decenni, ovvero quello di combattere efficacemente la povertà, dall’altro la prospettiva di farlo rivivere cambiando impostazione e contesto

Pape mi ha chiamato sul cellulare italiano per sapere se sono arrivato all’aereoporto.
Pape ha intuito che il mio “au revoir” era qualcosa di più definitivo, anche se non me la sono sentita di dire “adieu”.

Ora non ci voglio pensare.
Ora ho solo voglia di riabbracciare il mio piccolo Daniele e dirgli “Papà è tornato”

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